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Diario d'inverno

Paul Auster
pubblicato da Einaudi

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Quando sei perso, guardati intorno. Dubita di tutto e cancellalo. Hai una sola certezza: tu sei lì. Lo sei perché c'è il tuo corpo e tu sei il tuo corpo. Il tuo corpo è spazio che hai attraversato, ma anche tempo che ti ha reso ciò che sei. Il tempo te lo porti scritto addosso: le cicatrici sono parole (questa racconta di quando bambino scivolasti così vicino a un chiodo da poterne rimanere cieco, quest'altra ti ricorda di quando quasi uccidesti tua moglie e tua figlia) e le parole sono cicatrici (quelle che ti disse tua madre dopo che la sentisti parlare al telefono con un uomo che non era tuo padre). Ma non c'è solo il dolore. C'è il piacere, tutto il piacere che hai vissuto, che ti ha travolto in questi sessantaquattro anni. E infine il corpo da cui il tuo corpo ha iniziato a esistere, quello di tua madre. La sua storia e il tuo rapporto con lei sono il cuore pulsante di questo libro (una sorta di doppio, di gemello segreto del tuo "L'invenzione della solitudine", dov'era il padre il fulcro dell'ossessione). Hai capito dal silenzio con cui hai accolto la notizia della sua morte e dalla crisi di panico che ne è seguita - fu come sentire il tuo stesso corpo fuggire da te - che qualcosa era cambiato, che dovevi fermarti a ricapitolare. Che eri entrato nell'inverno della vita.

La nostra recensione

Ho letto "Diario d'inverno" di Paul Auster, e subito dopo, per caso, ho iniziato a leggere "Storia di un corpo" di Daniel Pennac. Nonostante i due autori siano lontani anni-luce l'uno dall'altro, i loro romanzi si sono amalgamati nella mia mente in un imprevedibile abbraccio tra due diversità. Strano, perché i toni sono differenti, lo stile anche, i personaggi pure. Eppure.
Mi sono piaciuti entrambi, molto. Ed entrambi, in fondo, raccontano una stessa identica storia: quella della vita di ogni uomo - dalla giovinezza alla vecchiaia, in ordine sparso come fa Auster, in ordine cronologico come fa Pennac - da un punto di vista particolarmente maschile. Una sorta di confessione sulle miserie e le nobiltà della mente - ma soprattutto del corpo - di ogni portatore di cromosoma XY.
"Forse è meglio mettere da parte le tue storie per ora e provare ad analizzare come sia stato vivere in questo corpo dal primo giorno in cui ricordi di essere stato vivo fino a oggi. Un catalogo di dati sensoriali. Quello che si potrebbe chiamare una fenomenologia del respiro." Questo è quanto ci dice Auster.
La stessa cosa che, con parole diverse, ci dice Pennac.
La stessa cosa, con parole e ambientazione totalmente diverse, ci dice Paolo Giordano nel suo "Il corpo umano".
Il corpo. Il corpo che invecchia, che si ammala, che prova dolore e piacere. "I piaceri del sesso innanzitutto, ma anche quelli del mangiare e del bere, di stare nudo in un bagno caldo, di grattarti un prurito, di starnutire e di scoreggiare". E' sempre Auster a parlare, è sempre Pennac a ribattere con le stesse identiche emozioni, e viceversa. Sarà che Auster in fondo è uno scrittore francese come Pennac anche se è nato in America. Sarà che, a una certa età, il corpo si fa sentire con inevitabile prepotenza. Sarà che l'inconscio collettivo di cui parla Jung esiste davvero, e che quindi siamo un unico organismo comunicante in questo enorme formicaio che è l'universo. Sarà che le coincidenze non sono coincidenze, ma armonie che non riconosciamo. Sarà quella serendipità che mi ha fatto leggere entrambi i libri, uno dopo l'altro. Grazie, serendipità, mi sono piaciuti molto tutti e due.
Rossella Calabrò

Dettagli down

Generi Romanzi e Letterature » Romanzi stranieri

Editore Einaudi

Collana Supercoralli

Formato Rilegato

Pubblicato 27/11/2012

Pagine 184

Lingua Italiano

Titolo Originale Winter Journal

Lingua Originale Inglese

Isbn o codice id 9788806213060

Curatore M. Bocchiola

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Diario d'inverno samurai1982

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