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Dolce Nero di Charmaine Wilkerson

Dolce nero - Charmaine Wilkerson

Con estremo piacere vi invitiamo a conoscere e leggere Dolce Nero, il primo romanzo di Charmaine Wilkerson edito da Sperling & Kupfer.

Dolce nero è una storia appassionante che ci farà navigare tra i continenti, parlandoci di ingiustizie e conquiste, di ricordi e segreti. Un romanzo dal gusto dolce ma anche un po' amaro come del resto è la vita.

Dolce nero, è il romanzo d'esordio di Charmaine Wilkerson, accolto con successo dal pubblico e dalla critica inglese e americana. In vetta alla classifica del New York Times. Il romanzo verrà tradotto in dieci lingue. Diventerà una serie tv prodotta da Aaron Kaplan e Oprah Winfrey.

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Vi proponiamo un'intervista con all'autrice per conoscere meglio il suo nuovo libro.

D: Dolce nero è il tuo primo romanzo. Quando hai deciso di scriverlo?

R: All’inizio non ero consapevole di scrivere un romanzo e di sicuro non era mia intenzione scrivere una storia che girasse intorno a un dolce. Sapevo di avere gli incipit di vari racconti, ognuno dei quali affrontava in un modo o nell’altro il tema della identità. Finché una delle storie – ambientata nei Caraibi negli anni Sessanta, con due ragazzine ossessionate dal nuoto in mare aperto – ha cominciato a farsi largo. Si è allacciata agli altri racconti ed è diventata un romanzo. E così, prima della fine del 2018, avevo iniziato una saga multigenerazionale sulla famiglia, l’identità, l’immigrazione e il potere delle storie – note o segrete – di plasmare le nostre vite.

D: La famiglia e l’identità sono appunto due temi chiave del romanzo, e sembra esserci una continua tensione tra loro: a volte abbiamo bisogno di riscoprire le nostre radici per scoprire chi siamo, altre volte abbiamo bisogno di allontanarci da casa per ritrovarci. Cosa ne pensi e perché questi temi sono così importanti per te?

R: ifletto molto sull’identità e sul conflitto tra – da una parte ­– i modi in cui vediamo noi stessi come individui, famiglie o culture e – dall’altra – le pressioni che ci capita di subire dalle aspettative altrui o da stereotipi basati sul colore della pelle, il genere, l’età e la professione. Che ci piaccia o no, credo che tutte queste forze insieme contribuiscano a formare le nostre identità. In Dolce nero, l’identità dei personaggi è anche influenzata dalla loro relazione con altre persone e con il mondo naturale. Probabilmente mi viene spontaneo parlare di identità perché ho vissuto in vari luoghi di tre Paesi diversi e perché provengo da una famiglia multiculturale in cui ben pochi hanno avuto la stessa educazione. Ma non credo che sia sempre necessario lasciare la propria città o sposarsi fuori dalla propria cultura per vivere questi condizionamenti.

D: C’è un messaggio registrato che percorre tutto il romanzo, alternandosi con i punti di vista di tanti personaggi diversi. Questo crea un effetto polifonico che cattura. Volevi restituire il fascino delle narrazioni orali? E queste ultime ti hanno ispirata in qualche modo?

R: Nel lungo messaggio vocale di Eleanor, la madre, si dipana tutta una serie di storie. Tutti noi siamo narratori. Amo sentire il suono delle voci di persone diverse e mi affascina come sia possibile raccontare la stessa storia secondo tanti punti di vista differenti. Quando ero bambina ci siamo trasferiti in Giamaica e noi piccoli eravamo soliti sederci per terra ad ascoltare le storie inventate dagli adulti. «Raccontacene un’altra!» gridavamo alla fine. Dopo l’università ho lavorato come giornalista televisiva negli Stati Uniti e, anche in quel caso, ero catturata dal modo in cui le persone raccontavano preoccupazioni, gioie, momenti drammatici della loro vita. A seconda di chi la racconta, una storia può cambiare forma e significato. E questo fatto è al cuore di tanti conflitti del nostro mondo, ma è anche una delle chiavi della bellezza del mondo stesso.

D:Il dolce nero che dà il titolo al romanzo è un elemento reale della storia (un vero e proprio personaggio, potremmo dire), ma anche una metafora. Che cosa rappresenta?

R: Prima di morire, una signora californiana lascia ai figli ormai adulti un’eredità insolita: una tradizionale torta caraibica di frutta secca, legata ai momenti di festa e felicità della famiglia. Ma la ricetta di quel dolce affonda le radici nella cultura britannica e non sarebbe potuta diventare tipica dei tropici se non ci fosse stata alle sue spalle una storia di colonialismo, lavoro forzato e lo sfruttamento economico di rum e zucchero. Nel romanzo, quella torta rappresenta sia le storie che ci fa piacere raccontare, sia quelle che preferiamo tacere. Entrambe – tanto le storie rivelate quanto le storie nascoste od omesse – hanno il potere di modellare le nostre identità e i nostri destini.

Chi è Charmaine Wilkerson?

Scrittrice americana, ha vissuto in Giamaica e ora risiede in Italia. Laureata al Barnard College e a Stanford, ha lavorato come giornalista. È autrice di racconti, pubblicati in antologie e riviste, che le hanno valso vari riconoscimenti letterari.

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